martedì 10 settembre 2013



















Ruggero Ruggiero
testo ispirato in occasione della visita alla mia mostra Veneri Violate
luglio/agosto 2013


CIOTTOLI VENUTI DAL MARE
Sudicia come pezza imbrattata di grasso, scorgo da terra una lingua di cielo repentinamente oscurata da cirri tumefatti che decompongono ogni pensiero. 

Asciugo lacrime con un lembo di camicia rosso vermiglio che maschera sangue colato dalle labbra gonfie e rotte, mentre filamenti di bava incollati al palato gocciolano lungo il collo graffiato.

Avverto dolore fuori, disperazione dentro. L’odore nauseabondo del mio vomito si spande nell’area liquefacendosi con la pioggia che inizia a bagnarmi.

Perché io? Perché io? Perche io?

Come viscido lombrico, contraggo il corpo verso l’uscita del tunnel dove sono riversa. A ogni movimento, corrisponde una lancinante fitta come aculei spinti nella carne viva.  Il dolore è incredibile e a pensarci bene, è anche meglio; se non altro allontano da me l’idea di donna annientata.

Strappo la gonna, o perlomeno quello che resta di essa per tamponare la ferita alla testa. Il calore della stoffa sotto la nuca produce calore e un po’ di apparente sollievo.  Devo uscire da questo vicolo. Anche se ho poca possibilità di essere vista devo provarci.

Provo a sollevarmi, con fatica resto in piedi. Aggrappata su un bidone d’immondizia resisto, anche se le tremanti gambe vorrebbero abbandonarmi.  Procedo scalciando bottiglie di birra vuote che impediscono il passaggio, con una di esse mi taglio, reagisco bestemmiando, pentendomi nello stesso tempo di averlo fatto. Insisto e quasi in prossimità dell’uscita, intravedo la mia macchina sotto una fioca luce di lampione.

La pioggia pulisce il mio volto ricoperto di sangue quando provo a esplorare questo lurido posto desolato e perso come un luna park derelitto, ma le pupille sature di pianto, riescono a distinguere solo ratti e ragni che si addentrano nel rasente buio.

Raccolgo da terra un foglio di giornale per cercare in qualche modo di ripararmi.  Il quotidiano inzuppato di panzane propone in prima pagina la notizia del giorno: l’elezione di un nuovo papa di nome Bergoglio.

Dovrei pregare! ma sono esausta preferisco oltraggiare il destino.

Accasciata su un fianco percepisco una sagoma avvicinarsi: raggomitolando indietreggio.  Sento la sua voce pronunciare parole rassicuranti; è straniera, quieta, dal carattere romanzato. Avverto la sua mano che con delicatezza mi soleva.

Capelli lunghi e sporchi incorniciano una sudicia barba. Il suo viso incavo, mette in luce due occhi naufraghi, come ciottoli venuti del mare.  Gli chiedo chi sei. Mi risponde, non lo so, vivo fra le macerie di questi luoghi, mi chiamo Francesco.



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