giovedì 30 maggio 2013

Giorni

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vi sono altri giorni
che ancora non son giunti,
che si stanno facendo,
come il pane o le sedie o il prodotto
delle farmacie e delle officine:
vi sono fabbriche di giorni che verranno:
esistono artigiani dell’anima
che sollevano e pesano e preparano
certi giorni amari o preziosi
che d’improvviso giungono alla porta
per premiarci con un’arancia
o per assassinarci di colpo

Pablo Neruda

martedì 28 maggio 2013

Sassi




















I sassi abbandonati nelle acque
a volte non han fiore di speranza
così come non spero nel tuo amore
Alda Merini

sabato 25 maggio 2013

L'uomo di vetro

La fragilità è un valore umano. 
Non sono affatto le dimostrazioni di forza a farci crescere, 
ma le nostre mille fragilità: tracce sincere della nostra umanità, 
che di volta in volta ci aiutano nell’affrontare le difficoltà, 
nel rispondere alle esigenze degli altri con partecipazione.
La fragilità è come uno scudo che ci difende dalle calamità, 
quello che di solito consideriamo un difetto è invece la virtuosa attitudine che ci consente di stabilire un rapporto di empatia con chi ci è vicino.
Il fragile è l’uomo per eccellenza, perché considera gli altri, suoi pari e non, potenziali vittime, perché laddove la forza impone, respinge e reprime, la fragilità accoglie, incoraggia e comprende.
L’uomo di vetro 
 
Vittorino Andreoli
Verona 1940
La fragilità è un valore umano. Non sono affatto le dimostrazioni di forza a farci crescere, ma le nostre mille fragilità: tracce sincere della nostra umanità, che di volta in volta ci aiutano nell’affrontare le difficoltà, nel rispondere alle esigenze degli altri con partecipazione.
 La fragilità è come uno scudo che ci difende dalle calamità, quello che di solito consideriamo un difetto è invece la virtuosa attitudine che ci consente di stabilire un rapporto di empatia con chi ci è vicino.
 Il fragile è l’uomo per eccellenza, perché considera gli altri, suoi pari e non, potenziali vittime, perché laddove la forza impone, respinge e reprime, la fragilità accoglie, incoraggia e comprende.
 
Vittorino Andreoli, L’uomo di vetro

venerdì 24 maggio 2013

Perchè scrivo














Scrivo perché non ero dotato per il commercio, non ero dotato per lo sport, non ero dotato per tante altre, ero un poco…, per usare una fase famosa (di Sartre), l’idiota della famiglia… In genere chi scrive è uno che, tra le tante cose che tenta di fare, vede che stare a tavolino e buttar fuori della roba che esce dalla sua testa e dalla sua penna è un modo per realizzarsi e per comunicare.
Posso dire che scrivo per comunicare perché la scrittura è il modo in cui riesco a far passare delle cose attraverso di me, delle cose che magari vengono a me dalla cultura che mi circonda, dalla vita, dall’esperienza, dalla letteratura che mi ha preceduto, a cui do quel tanto di personale che hanno tutte le esperienze che passano attraverso una persona umana e poi tornano in circolazione. È per questo che scrivo. Per farmi strumento di qualcosa che è certamente più grande di me e che è il modo in cui gli uomini guardano, commentano, giudicano, esprimono il mondo: farlo passare attraverso di me e rimetterlo in circolazione. Questo è uno dei tanti modi con cui una civiltà, una cultura, una società vive assimilando esperienze e rimettendole in circolazione.
Scrivo perché sono insoddisfatto di quel che ho già scritto e vorrei in qualche modo correggerlo, completarlo, proporre un’alternativa. In questo senso non c’è stata una “prima volta” in cui mi sono messo a scrivere. Scrivere è sempre stato cercare di cancellare qualcosa di già scritto e mettere al suo posto qualcosa che ancora non so se riuscirò a scrivere.
Scrivo perché leggendo X (un X antico o contemporaneo) mi viene da pensare: “Ah, come mi piacerebbe scrivere come X! Peccato che ciò sia completamente al di là delle mie possibilità!”. Allora cerco di immaginarmi questa impresa impossibile, penso al libro che non scriverò mai ma che mi piacerebbe poter leggere, poter affiancare ad altri libri amati in uno scaffale ideale. Ed ecco che già qualche parola, qualche frase si presentano alla mia mente… Da quel momento in poi non sto più pensando a X, né ad alcun altro modello possibile. È a quel libro che penso, a quel libro che non è stato ancora scritto e che potrebbe essere il mio libro! Provo a scriverlo…
Scrivo per imparare qualcosa che non so. Non mi riferisco adesso all’arte della scrittura, ma al resto: a un qualche sapere o competenza specifica, oppure a quel sapere più generale che chiamano “esperienza della vita”. Non è il desiderio di insegnare ad altri ciò che so o credo di sapere che mi mette voglia di scrivere, ma al contrario la coscienza dolorosa della mia incompetenza. Il mio primo impulso sarebbe dunque di scrivere per fingere una competenza che non ho? Me per essere in grado di fingere, devo in qualche modo accumulare informazioni, nozioni, osservazioni, devo riuscire a immaginarmi il lento accumularsi dell’esperienza. E questo posso farlo solo nella pagina scritta, dove spero di catturare almeno qualche traccia d’un sapere o d’una saggezza che nella vita ho sfiorato appena e subito perso
Italo Calvino
Estratti da 'Mondo scritto e mondo non scritto'

giovedì 23 maggio 2013

Mafia

La mafia sbanda,
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l’esistenza non esiste,
che la cultura non c’è,
che l’uomo non è amico dell’uomo.

La mafia è il cavallo nero
dell’apocalisse che porta in sella
un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.

La mafia li commemora
con ciclopici funerali:
così è stato per te, Giovanni,
trsportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso.

Alda Merini

Capaci 23 maggio 1992

« La mafia non è affatto invincibile. 
È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, 
e avrà anche una fine.
Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno
 terribilmente serio e molto grave 
e che si può vincere non pretendendo eroismo 
da inermi cittadini, 
ma impegnando in questa battaglia 
tutte le forze migliori delle istituzioni. »

 Giovanni Falcone
Palermo 1939 - 1992

 Francesca Morvillo
Palermo 1945 - 1992

Vito Schifani 
Palermo 1965 - 1992



Rocco Dicillo
Triggiano 1962 - Capaci 1992

Antonio Montinaro
Calimera 1962 - Capaci 1992


 




mercoledì 22 maggio 2013

Nostalgie culinarie

dal 1834 nel cuore di Palermo nel quartiere San Francesco

 sfincione

 
 anelletti

 panelle e cazzilli

 arancini

 
 sarde a beccafico


 
 cannoli




martedì 21 maggio 2013

La mia notte mi strema

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mio corpo ha bisogno di te. Spesso mi hai quasi guarita.

La mia notte... che non vorrei più...
La mia notte è come un grande cuore che pulsa. 

Sono le tre e trenta del mattino.
La mia notte è senza luna. La mia notte ha grandi occhi che guardano fissi una luce grigia che filtra dalle finestre. La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo. La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta. La mia notte mi precipita nella tua assenza. Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore. La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine. Cerco un punto di contatto: la tua pelle. Dove sei? Dove sei? Mi giro da tutte le parti, il cuscino umido, la mia guancia vi si appiccica, i capelli bagnati contro le tempie. Non è possibile che tu non sia qui. La mie mente vaga, i miei pensieri vanno, vengono e si affollano, il mio corpo non può comprendere. Il mio corpo ti vorrebbe. Il mio corpo, quest'area mutilata, vorrebbe per un attimo dimenticarsi nel tuo calore, il mio corpo reclama qualche ora di serenità. La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio. La mia notte sa che mi piacerebbe guardarti, seguire con le mani ogni curva del tuo corpo, riconoscere il tuo viso e accarezzarlo. La mia notte mi soffoca per la tua mancanza. La mia notte palpita d'amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra. La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce. Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra. Il mio corpo non può comprendere. Ha bisogno di te quanto me, può darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt'uno. Il mio corpo ha bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita. La mia notte si scava fino a non sentire più la carne e il sentimento diventa più forte, più acuto, privo della sostanza materiale. La mia notte mi brucia d'amore. 

Sono le quattro e trenta del mattino.
La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest'evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me. Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero. La mia notte non porta consiglio. La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti. La mia notte si intristisce e si perde. La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori. La mia notte è lunga, lunga, lunga. La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta. La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte. Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno. La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo. Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina disordine, è proibito. La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco. La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa. La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza. La mia notte ti aspetta. Il mio corpo ti attende. La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell'incavo della mia spalla e che io riposassi nell'incavo della tua. La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere. La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio. La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo. La mia notte diventerebbe dolce. La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te. La mia notte è lunga, lunga, lunga. Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio. Sta morendo perché non sei qui e mi uccide. La mia notte ti cerca continuamente. Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi. Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra. Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno. Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio. La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile. Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole. Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole. 

Frida Kahlo - Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera, Città del Messico,

lunedì 20 maggio 2013

Speranza

 



Se io avessi una botteguccia 
fatta di una sola stanza

vorrei mettermi a vendere

sai cosa? La speranza.

“Speranza a buon mercato!”

Per un soldo ne darei

ad un solo cliente

quanto basta per sei.

E alla povera gente

che non ha da campare

darei tutta la mia speranza

senza fargliela pagare.



Gianni Rodari

venerdì 17 maggio 2013

Rispetto





Ho cercato in particolare di rispettare le parole che scrivevo, 
giacché, per mezzo di esse, 
rispettavo coloro che le potevano leggere e 
che non volevo ingannare
Albert Camus
 
 

giovedì 16 maggio 2013

lunedì 13 maggio 2013

Calvino


Dono

maestra d’origami

piccola la mia barchetta
nel mio cantiere dei pensieri
t’ho voluta
su di un foglio di poesia
t’ho disegnata
con maestri d’origami
t’ho costruita
piccola la mia barchetta
con spuma di bollicine
t’ho varata
con soffio d’amore
t’ho spinta alla vita
non saprai della gioia
dei ceppi che a me
t’hanno legata





















gemma
 
Lei è la gemma
inanellata al tuo dito
che splende e fiorisce
ad ogni primavera
di colori e profumi
promessa di gioia
e dolore continuo
a novellar il parto
di strazio infinito
ed amore eterno
da yahu Guly a Federica