PROFUMO
DI SPEZIE
Sono le due passate quando riesco a smettere di lavorare. Torno finalmente a casa, scivolando sul nastro nero della strada, che percorro ogni notte invariabilmente, e trovo il mio uomo, insolitamente sveglio. Col suo tipico sguardo cupo mi guarda, mi saluta con un breve cenno del capo, si alza dal divano, e si trascina al computer per spegnerlo, si versa l'ultimo goccio di un vino rosso e va a letto. Dal bagno, nel quale mi sono chiusa, appena arrivata, ho seguito ogni suo movimento. Faccio in fretta, ho voglia di mettermi a letto, sono esausta , ma so già che non dormirò. Come ogni notte. Mi infilo nel letto freddo, sento il suo respiro regolare, già dorme.
Sono le due passate quando riesco a smettere di lavorare. Torno finalmente a casa, scivolando sul nastro nero della strada, che percorro ogni notte invariabilmente, e trovo il mio uomo, insolitamente sveglio. Col suo tipico sguardo cupo mi guarda, mi saluta con un breve cenno del capo, si alza dal divano, e si trascina al computer per spegnerlo, si versa l'ultimo goccio di un vino rosso e va a letto. Dal bagno, nel quale mi sono chiusa, appena arrivata, ho seguito ogni suo movimento. Faccio in fretta, ho voglia di mettermi a letto, sono esausta , ma so già che non dormirò. Come ogni notte. Mi infilo nel letto freddo, sento il suo respiro regolare, già dorme.
L’intesa
fisica tra noi due, è l'unica cosa che non si è mai affievolita, è
una passione che scava e ci consuma da anni, i nostri corpi si
uniscono con violenta delicatezza, mescoliamo desideri, respiri ed
odori e ci accogliamo fino a impregnarci completamente l’uno
dell’altro.
La sua rigida integrità e il suo sottile cinismo sono proprio ciò che avrei voluto assolutamente evitare in un uomo, perché io sono tutta passione e spontaneità, lui razionalità e testa. Ho provato a stare senza di lui ma non ci sono mai riuscita, è un cordone ombelicale che non riesco a recidere. Per stargli accanto ho smussato eccessi e fragilità, ho placato fantasia e curiosità sempre in frenetico movimento.
Sono ormai le 04,00, lui dorme, le sue ansie e la sua energia sono assorbite dal sonno, ha i lineamenti distesi e più delicati, nonostante tutto mi fa tenerezza, lo bacio, mi bacia, con gli occhi chiusi il suo braccio pesa sul mio fianco. Non riesco ad addormentarmi, ho cambiato mille posizioni, il sonno mi accoglie che è quasi l’alba.
Il mattino seguente una forte pesantezza alla testa mi impedisce di aprire gli occhi ed un suono troppo violento mi catapulta nel bagliore del giorno.
- Giulia, devi fare gli ordini, se non ti sbrighi non avrai i prodotti per il fine settimana - urla una voce dalle scale. Scale? Quali scale ? Non ci sono scale a casa mia e nessuno ha quella voce.
Mi siedo di scatto sul letto, il mal di testa è insopportabile, mi guardo intorno. Dove sono? La stanza è tutta bianca, il pavimento di marmo è bianco, i mobili sono bianchi, le tende sono bianche. Non ho la più pallida idea di dove possa trovarmi…
Rallento i pensieri mentre strati di panico e ansia si agitano e alternano nel mio stomaco contratto.
Mi alzo, il pavimento è gelido, giunge il rumore del traffico della strada, tutto sembra essere reale.
Scendo le scale, irrigidita dalla paura e mi accorgo di avere indosso una sottoveste di seta bianca mai posseduta e tanto meno indossata.
La cucina è molto grande, anche qui tutto è bianco, c’è un grande tavolo di granito nel centro, identico a quello che aveva mia nonna. Esco e mi dirigo verso una porta a vetri, la apro e mi trovo in una sala con un camino in acciaio che troneggia proprio al centro dell'ambiente e di fronte un grande divano ad “elle”, bianco.
Tutto quel bianco mi abbaglia. E’ un sogno, non può essere altro! Torno in cucina.
- Questa notte non hai chiuso occhio - mi dice la voce che mi ha svegliata. Mi giro di scatto e uno sconosciuto mi porge una tazza di caffè. Io bevo caffè? E da quando? E' impossibile! Per un attimo mi rassicuro, sto proprio sognando. Eppure, quasi con soggezione, prendo la tazzina e la porto alle labbra.
La sua rigida integrità e il suo sottile cinismo sono proprio ciò che avrei voluto assolutamente evitare in un uomo, perché io sono tutta passione e spontaneità, lui razionalità e testa. Ho provato a stare senza di lui ma non ci sono mai riuscita, è un cordone ombelicale che non riesco a recidere. Per stargli accanto ho smussato eccessi e fragilità, ho placato fantasia e curiosità sempre in frenetico movimento.
Sono ormai le 04,00, lui dorme, le sue ansie e la sua energia sono assorbite dal sonno, ha i lineamenti distesi e più delicati, nonostante tutto mi fa tenerezza, lo bacio, mi bacia, con gli occhi chiusi il suo braccio pesa sul mio fianco. Non riesco ad addormentarmi, ho cambiato mille posizioni, il sonno mi accoglie che è quasi l’alba.
Il mattino seguente una forte pesantezza alla testa mi impedisce di aprire gli occhi ed un suono troppo violento mi catapulta nel bagliore del giorno.
- Giulia, devi fare gli ordini, se non ti sbrighi non avrai i prodotti per il fine settimana - urla una voce dalle scale. Scale? Quali scale ? Non ci sono scale a casa mia e nessuno ha quella voce.
Mi siedo di scatto sul letto, il mal di testa è insopportabile, mi guardo intorno. Dove sono? La stanza è tutta bianca, il pavimento di marmo è bianco, i mobili sono bianchi, le tende sono bianche. Non ho la più pallida idea di dove possa trovarmi…
Rallento i pensieri mentre strati di panico e ansia si agitano e alternano nel mio stomaco contratto.
Mi alzo, il pavimento è gelido, giunge il rumore del traffico della strada, tutto sembra essere reale.
Scendo le scale, irrigidita dalla paura e mi accorgo di avere indosso una sottoveste di seta bianca mai posseduta e tanto meno indossata.
La cucina è molto grande, anche qui tutto è bianco, c’è un grande tavolo di granito nel centro, identico a quello che aveva mia nonna. Esco e mi dirigo verso una porta a vetri, la apro e mi trovo in una sala con un camino in acciaio che troneggia proprio al centro dell'ambiente e di fronte un grande divano ad “elle”, bianco.
Tutto quel bianco mi abbaglia. E’ un sogno, non può essere altro! Torno in cucina.
- Questa notte non hai chiuso occhio - mi dice la voce che mi ha svegliata. Mi giro di scatto e uno sconosciuto mi porge una tazza di caffè. Io bevo caffè? E da quando? E' impossibile! Per un attimo mi rassicuro, sto proprio sognando. Eppure, quasi con soggezione, prendo la tazzina e la porto alle labbra.
E’
un uomo di media altezza, sui quarant’anni, capelli castani,
leggermente brizzolati, grigi occhi di ghiaccio e bocca sottile. Un
bell’uomo ma di una bellezza statica, priva di espressione, non
certo il mio tipo ideale.
La paura mi pervade, non riesco più a contenerla, la sento uscire a fiotti dal mio essere, prende forma, mi si modella addosso.
In preda al panico con un filo di voce riesco ad articolare una frase - Non sto bene – sussurro, ma almeno la mia voce è quella di sempre, anche l’odore della mia pelle è lo stesso, mi guardo le mani, mi tocco i capelli, sono io.
- Chiamo il medico – mi dice mentre si avvicina, odora di dentifricio ed emana una forte profumo di spezie.
- No…non è il caso...- ribatto prontamente con quel poco di logica che mi è rimasta.
- Va bene, come vuoi, ma se più tardi non ti senti ancora bene chiamalo - Faccio un cenno di assenso con il capo.
La voce, che prima non aveva sfumature, adesso si fa grave, aumenta di tono e mi mette a disagio, se mai ce ne fosse bisogno.
Prima di allontanarsi mio “marito” (?) mi bacia, sento la sua lingua indugiare e poi addentrarsi, sa di dentifricio e persiste quel forte profumo di spezie varie.
La paura mi pervade, non riesco più a contenerla, la sento uscire a fiotti dal mio essere, prende forma, mi si modella addosso.
In preda al panico con un filo di voce riesco ad articolare una frase - Non sto bene – sussurro, ma almeno la mia voce è quella di sempre, anche l’odore della mia pelle è lo stesso, mi guardo le mani, mi tocco i capelli, sono io.
- Chiamo il medico – mi dice mentre si avvicina, odora di dentifricio ed emana una forte profumo di spezie.
- No…non è il caso...- ribatto prontamente con quel poco di logica che mi è rimasta.
- Va bene, come vuoi, ma se più tardi non ti senti ancora bene chiamalo - Faccio un cenno di assenso con il capo.
La voce, che prima non aveva sfumature, adesso si fa grave, aumenta di tono e mi mette a disagio, se mai ce ne fosse bisogno.
Prima di allontanarsi mio “marito” (?) mi bacia, sento la sua lingua indugiare e poi addentrarsi, sa di dentifricio e persiste quel forte profumo di spezie varie.
Non
ho mai sopportato odori così intensi. Le sue mani salgono e
scendono sui miei fianchi, scostano la sottoveste di raso, indugiano
sulla pelle nuda ma non vanno oltre. Un ultimo bacio, più
frettoloso, e l’uomo con gli occhi di ghiaccio esce dalla
stanza.
Questa scena da pubblicità da famiglia perfetta è molto appagante, la casa sembra copiata da una patinata rivista di arredamento...Ma come si esce dal gioco? Come ci si sveglia?
Suona il telefono e dopo qualche squillo si aziona la segreteria telefonica: Francesco e Giulia in questo momento non possono rispondere, lasciate un messaggio dopo il beep e sarete richiamati... Francesco? Questo uomo, si chiama Francesco? Al telefono non hanno lasciato messaggi, un freddo “clik” mi preclude un qualsiasi contatto. Decido di esplorare il resto della casa. Entro titubante nelle altre stanze, sala da pranzo, studio, stanza per gli ospiti. Sono tutte senza colori, odori, foto, ricordi. L’ordine è maniacale, tutto è privo di vita, di anima, non c'è nulla fuori posto, abbiamo una persona che ci aiuta per i lavori domestici? arriverà a breve? mi sveglierà e tutto sarà finito?
E’ talmente paradossale che non riesco neppure a tentare di capire, procedo senza resistenza verso qualcosa di totalmente sconosciuto, non vado incontro alle cose, sono le cose che mi vengono incontro.
Vado in bagno decisa a fare una doccia che, però, non lava via l’incubo... Ritorno in camera da letto lasciando impronte bagnate sul marmo, avevo il marmo nella mia prima casa da sposata, ma in quale vita? Apro armadi e cassetti per cercare qualcosa da mettermi e finalmente uscire, forse, anche dal sogno. Tra i tanti abiti appesi ordinatamente nell'armadio, e decisamente lontani dal mio stile, trovo una semplice gonna nera e un pullover color malva, che non avrei mai comprato. Mi guardo intorno. La cassettiera bianca mi attira, apro titubante il primo cassetto. Cerco qualcosa che non so bene sempre tentando di trovare un indizio e le mie dita, sotto un indumento di seta sentono qualcosa di freddo…afferro l'oggetto... è una pistola! Sto per urlare ma sento il portoncino di casa aprirsi e l'eco di risate.
- Amore, la riunione è saltata. Sono passato a vedere come stai.- Sento la sua voce giungere dal piano inferiore. Sono paralizzata.
Ecco che sale le scale velocemente, sento ancora quel forte odore di spezie, rimetto velocemente la pistola nel cassetto e rimango, impietrita, nella stessa posizione.
- Come stai? - si avvicina e mi bacia una spalla con labbra aride, che non tradiscono emozione.
- Meglio... - rispondo prontamente per mascherare la paura.
- Non direi Giulia, sei bianchissima e tremi tutta - l’uomo, serio, mi sfida con lo sguardo, osserva le mie reazioni, ha un’espressione che inquieta.
- In effetti - dico deglutendo – ho deciso di andare dal medico, stavo proprio per uscire...-
L’uomo mi attira a sé con forza e mi stringe i fianchi, con il palmo della mano ben aperta mi prende il volto. Allo stremo delle mie forze scoppio in un pianto disperato.
- Fai attenzione Giulia…fai molta attenzione...- mi alita nell’orecchio - ...Ora ti rifai il trucco, sorridi e prepari la colazione per i miei amici e, soprattutto non voglio scene da vittima - Giulia, resisti, mi dico, mentre mi asciugo le lacrime con le mani.
Il suo profumo mi fa vomitare, ho improvvisamente un moto di rabbia, sono tentata di sputargli in faccia e colpirlo, ma, quell'umo, coglie il lampo nel mio sguardo e mi blocca i polsi.
Le gambe non mi sorreggono più, tremo, mentre preparo il caffè. Nella sala echeggiano voci e risate di uomini in gessato e donne in tailleur, che ho appena intravisto. Dopo colazione tutti si dirigono nello studio di Francesco.
Questa scena da pubblicità da famiglia perfetta è molto appagante, la casa sembra copiata da una patinata rivista di arredamento...Ma come si esce dal gioco? Come ci si sveglia?
Suona il telefono e dopo qualche squillo si aziona la segreteria telefonica: Francesco e Giulia in questo momento non possono rispondere, lasciate un messaggio dopo il beep e sarete richiamati... Francesco? Questo uomo, si chiama Francesco? Al telefono non hanno lasciato messaggi, un freddo “clik” mi preclude un qualsiasi contatto. Decido di esplorare il resto della casa. Entro titubante nelle altre stanze, sala da pranzo, studio, stanza per gli ospiti. Sono tutte senza colori, odori, foto, ricordi. L’ordine è maniacale, tutto è privo di vita, di anima, non c'è nulla fuori posto, abbiamo una persona che ci aiuta per i lavori domestici? arriverà a breve? mi sveglierà e tutto sarà finito?
E’ talmente paradossale che non riesco neppure a tentare di capire, procedo senza resistenza verso qualcosa di totalmente sconosciuto, non vado incontro alle cose, sono le cose che mi vengono incontro.
Vado in bagno decisa a fare una doccia che, però, non lava via l’incubo... Ritorno in camera da letto lasciando impronte bagnate sul marmo, avevo il marmo nella mia prima casa da sposata, ma in quale vita? Apro armadi e cassetti per cercare qualcosa da mettermi e finalmente uscire, forse, anche dal sogno. Tra i tanti abiti appesi ordinatamente nell'armadio, e decisamente lontani dal mio stile, trovo una semplice gonna nera e un pullover color malva, che non avrei mai comprato. Mi guardo intorno. La cassettiera bianca mi attira, apro titubante il primo cassetto. Cerco qualcosa che non so bene sempre tentando di trovare un indizio e le mie dita, sotto un indumento di seta sentono qualcosa di freddo…afferro l'oggetto... è una pistola! Sto per urlare ma sento il portoncino di casa aprirsi e l'eco di risate.
- Amore, la riunione è saltata. Sono passato a vedere come stai.- Sento la sua voce giungere dal piano inferiore. Sono paralizzata.
Ecco che sale le scale velocemente, sento ancora quel forte odore di spezie, rimetto velocemente la pistola nel cassetto e rimango, impietrita, nella stessa posizione.
- Come stai? - si avvicina e mi bacia una spalla con labbra aride, che non tradiscono emozione.
- Meglio... - rispondo prontamente per mascherare la paura.
- Non direi Giulia, sei bianchissima e tremi tutta - l’uomo, serio, mi sfida con lo sguardo, osserva le mie reazioni, ha un’espressione che inquieta.
- In effetti - dico deglutendo – ho deciso di andare dal medico, stavo proprio per uscire...-
L’uomo mi attira a sé con forza e mi stringe i fianchi, con il palmo della mano ben aperta mi prende il volto. Allo stremo delle mie forze scoppio in un pianto disperato.
- Fai attenzione Giulia…fai molta attenzione...- mi alita nell’orecchio - ...Ora ti rifai il trucco, sorridi e prepari la colazione per i miei amici e, soprattutto non voglio scene da vittima - Giulia, resisti, mi dico, mentre mi asciugo le lacrime con le mani.
Il suo profumo mi fa vomitare, ho improvvisamente un moto di rabbia, sono tentata di sputargli in faccia e colpirlo, ma, quell'umo, coglie il lampo nel mio sguardo e mi blocca i polsi.
Le gambe non mi sorreggono più, tremo, mentre preparo il caffè. Nella sala echeggiano voci e risate di uomini in gessato e donne in tailleur, che ho appena intravisto. Dopo colazione tutti si dirigono nello studio di Francesco.
Mentre
sono ancora in cucina, mi si avvicina un uomo completamente calvo, ha
gli occhi buoni e un bel sorriso, evidentemente mi conosce perché mi
stringe furtivamente la mano.
- I documenti sono già nelle mani della polizia. Hai avuto coraggio a denunciare lui e il suo giro, senza di te non ce l’avremmo mai fatta - dice posandomi delicatamente una mano sulla spalla - è quasi finita Giulia, è quasi finita!Grazie cara...-
Una voce di donna lo chiamano dallo studio. Tra lo stordimento di questa nuova emozione, capisco che il suo nome è Antonio.
Quando finalmente rimango nuovamente sola, scendo giù per le scale per scappare ma il portoncino è chiuso e non ci sono chiavi. Frugo dappertutto, ma niente, sono prigioniera...Sfinita risalgo le scale mi siedo in cucina e rimango ferma, come impietrita, per un tempo che a me sembra interminabile. Fisso il vuoto, non provo più neppure a capire. Aspetto solo di svegliarmi ma non succede niente, l’incubo mi tiene stretta.
Squilla il telefono, non controllo più i nervi, mi alzo di scatto e timorosa mi avvicino all’apparecchio, ma troppo tardi perché è già partita la segreteria.
- I documenti sono già nelle mani della polizia. Hai avuto coraggio a denunciare lui e il suo giro, senza di te non ce l’avremmo mai fatta - dice posandomi delicatamente una mano sulla spalla - è quasi finita Giulia, è quasi finita!Grazie cara...-
Una voce di donna lo chiamano dallo studio. Tra lo stordimento di questa nuova emozione, capisco che il suo nome è Antonio.
Quando finalmente rimango nuovamente sola, scendo giù per le scale per scappare ma il portoncino è chiuso e non ci sono chiavi. Frugo dappertutto, ma niente, sono prigioniera...Sfinita risalgo le scale mi siedo in cucina e rimango ferma, come impietrita, per un tempo che a me sembra interminabile. Fisso il vuoto, non provo più neppure a capire. Aspetto solo di svegliarmi ma non succede niente, l’incubo mi tiene stretta.
Squilla il telefono, non controllo più i nervi, mi alzo di scatto e timorosa mi avvicino all’apparecchio, ma troppo tardi perché è già partita la segreteria.
-
Giulia, devi lasciare subito quella casa....scappa, ora....Giulia non
è andata bene... Giulia scappa... - E’ la voce di Antonio! E'
tagliata dal terrore, sento un urlo lacerante e poi uno sparo. Mi
precipito a rispondere ma qualcuno ha già riattaccato. Quel qualcuno
che sta per venire da me...
Corro in camera da letto per prendere la pistola, rovisto, butto all’aria il cassetto ma la pistola non c’è più. Chiudo gli occhi, deglutisco tutta la mia disperazione, il cuore è impazzito, la paura mi lacera.
Sento aprire ancora il portoncino, corro in bagno a nascondermi. Mi lavo la faccia, mi guardo allo specchio, sono proprio io, ho gli occhi lucidi, lo sguardo folle, il volto scolpito dalla paura, ma sono io.Purtroppo. Mi stringo forte nel pullover color malva di chissà chi, mi cullo, mi passo disperatamente le mani tra i capelli e nuovamente piango. Mi lascio scivolare sul pavimento e con la testa stretta tra le ginocchia aspetto...
Costringo la mia mente a pensare ad un piano per salvarmi ma non riesco a ragionare, prevale l’istinto. Dopo un tempo che non so quantificare non sento più rumori in casa. Apro titubante la porta del bagno, ancora silenzio... Mi precipito giù per le scale, il cuore e la mente stanno per esplodere, arrivo alla porta e…non si apre, torno in cucina e prendo un coltello....sento il profumo di spezie... mi afferra alle spalle e mi blocca alla gola. Riesco a malapena a girare la testa e a guardarlo negli occhi, la sua fredda follia mi trapassa con lo sguardo di ghiaccio. Tento di divincolarmi ma la fredda canna della pistola preme sulla mia tempia, il grilletto sta per scattare. Urlo.
Da quell’urlo animale sembra uscire tutto il mio essere.
- Laura…calmati... Laura!
Mi ritrovo stretta tra le sue braccia, non riesco a smettere di gridare e agitarmi. Guardo il mio uomo, gli tocco la faccia, lo stringo, lo odoro, affondo in lui fino a calmarmi. Soprattutto lo riconosco.
- E’ stato un brutto sogno - , dice con una dolcezza che non gli appartiene, ma che apprezzo infinitamente.
Corro in camera da letto per prendere la pistola, rovisto, butto all’aria il cassetto ma la pistola non c’è più. Chiudo gli occhi, deglutisco tutta la mia disperazione, il cuore è impazzito, la paura mi lacera.
Sento aprire ancora il portoncino, corro in bagno a nascondermi. Mi lavo la faccia, mi guardo allo specchio, sono proprio io, ho gli occhi lucidi, lo sguardo folle, il volto scolpito dalla paura, ma sono io.Purtroppo. Mi stringo forte nel pullover color malva di chissà chi, mi cullo, mi passo disperatamente le mani tra i capelli e nuovamente piango. Mi lascio scivolare sul pavimento e con la testa stretta tra le ginocchia aspetto...
Costringo la mia mente a pensare ad un piano per salvarmi ma non riesco a ragionare, prevale l’istinto. Dopo un tempo che non so quantificare non sento più rumori in casa. Apro titubante la porta del bagno, ancora silenzio... Mi precipito giù per le scale, il cuore e la mente stanno per esplodere, arrivo alla porta e…non si apre, torno in cucina e prendo un coltello....sento il profumo di spezie... mi afferra alle spalle e mi blocca alla gola. Riesco a malapena a girare la testa e a guardarlo negli occhi, la sua fredda follia mi trapassa con lo sguardo di ghiaccio. Tento di divincolarmi ma la fredda canna della pistola preme sulla mia tempia, il grilletto sta per scattare. Urlo.
Da quell’urlo animale sembra uscire tutto il mio essere.
- Laura…calmati... Laura!
Mi ritrovo stretta tra le sue braccia, non riesco a smettere di gridare e agitarmi. Guardo il mio uomo, gli tocco la faccia, lo stringo, lo odoro, affondo in lui fino a calmarmi. Soprattutto lo riconosco.
- E’ stato un brutto sogno - , dice con una dolcezza che non gli appartiene, ma che apprezzo infinitamente.
Mi
alzo molto più tardi, con calma, anche se so di avere mille cose da
fare.
Ho ancora sulla pelle tracce di quel brutto incubo, sono frastornata e indebolita, ovattata tra sogno e realtà.
- Stasera ho invitato degli amici per un dopo cena, metti qualche bottiglia in fresco -
Ha indossato la giacca ed esagerato con il gel. E' agitato e non lo nasconde, non gli interessa mostrarmi le sue fragilità, tanto hanno sempre la meglio sulle mie. Mentre sistema nervosamente i documenti nella borsa, decido di riordinargli lo studio con i manuali sulle piante e le riviste di scienza, sparsi dappertutto. Apprezzo quel piacevole, vivo disordine.
- Se va tutto bene andiamo via per il fine settimana " mi dice sfiorandomi l’orecchio. Finalmente mi rilasso e penso con un minimo di attenzione alle telefonate che dovrò fare. Sono esausta e decido di concedermi un po' di relax sul divano blu, prima di affrontare la giornata.
Ho ancora sulla pelle tracce di quel brutto incubo, sono frastornata e indebolita, ovattata tra sogno e realtà.
- Stasera ho invitato degli amici per un dopo cena, metti qualche bottiglia in fresco -
Ha indossato la giacca ed esagerato con il gel. E' agitato e non lo nasconde, non gli interessa mostrarmi le sue fragilità, tanto hanno sempre la meglio sulle mie. Mentre sistema nervosamente i documenti nella borsa, decido di riordinargli lo studio con i manuali sulle piante e le riviste di scienza, sparsi dappertutto. Apprezzo quel piacevole, vivo disordine.
- Se va tutto bene andiamo via per il fine settimana " mi dice sfiorandomi l’orecchio. Finalmente mi rilasso e penso con un minimo di attenzione alle telefonate che dovrò fare. Sono esausta e decido di concedermi un po' di relax sul divano blu, prima di affrontare la giornata.
Dopo
qualche istante suonano alla porta. Apro con noncuranza, penso già
al mio viaggio, ma un profumo di spezie mi colpisce come uno
schiaffo.
Vedo
solo i suoi occhi di ghiaccio.
Lucia Di Miceli 2009
Lucia Di Miceli 2009
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