Trieste 1883 - Gorizia 1957
- Trieste
- (da Trieste e una donna, 1910-12)
- Ho attraversata tutta la città.
- Poi ho salita un'erta,
- popolosa in principio, in là deserta,
- chiusa da un muricciolo:
- un cantuccio in cui solo
- siedo; e mi pare che dove esso termina
- termini la città.
- Trieste ha una scontrosa
- grazia. Se piace,
- è come un ragazzaccio aspro e vorace,
- con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
- per regalare un fiore;
- come un amore
- con gelosia.
- Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
- scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
- o alla collina cui, sulla sassosa
- cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
- Intorno
- circola ad ogni cosa
- un'aria strana, un'aria tormentosa,
- l'aria natia.
- La mia città che in ogni parte è viva,
- ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
- pensosa e schiva.
- Città vecchia
- (da Trieste e una donna, 1910-12)
- Spesso, per ritornare alla mia casa
- prendo un'oscura via di città vecchia.
- Giallo in qualche pozzanghera si specchia
- qualche fanale, e affollata è la strada.
- Qui tra la gente che viene che va
- dall'osteria alla casa o al lupanare,
- dove son merci ed uomini il detrito
- di un gran porto di mare,
- io ritrovo, passando, l'infinito
- nell'umiltà.
- Qui prostituta e marinaio, il vecchio
- che bestemmia, la femmina che bega,
- il dragone che siede alla bottega
- del friggitore,
- la tumultuante giovane impazzita
- d'amore,
- sono tutte creature della vita
- e del dolore;
- s'agita in esse, come in me, il Signore.
- Qui degli umili sento in compagnia
- il mio pensiero farsi
- più puro dove più turpe è la via.
- Dopo la tristezza
- (da Trieste e una donna, 1910-12)
- Questo pane ha il sapore d'un ricordo,
- mangiato in questa povera osteria,
- dov'è più abbandonato e ingombro il porto.
- E della birra mi godo l'amaro,
- seduto del ritorno a mezza via,
- in faccia ai monti annuvolati e al faro.
- L'anima mia che una sua pena ha vinta,
- con occhi nuovi nell'antica sera
- guarda una pilota con la moglie incinta;
- e un bastimento, di che il vecchio legno
- luccica al sole, e con la ciminiera
- lunga quanto i due alberi, è un disegno
- fanciullesco, che ho fatto or son vent'anni.
- E chi mi avrebbe detto la mia vita
- così bella, con tanti dolci affanni,
- e tanta beatitudine romita!
- Umberto Saba
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